La relazione che abbiamo con il cibo va ben oltre il bisogno fisiologico di nutrire il corpo, e molto spesso è un condensato di bisogni e desideri psicologici che possono arrivare fino alla patologia.
Il primo cibo ci giunge da nostra madre; è lei che ci nutre e ci tiene in vita, prima con il suo corpo e poi preparandoci ogni giorno i pasti. Ecco che mangiare vuol dire ritornare a quella cura particolare, sia in positivo che in negativo, perchè là possono esserci molti traumi ed esperienze difficili. L'anoressica ne è un esempio; lei rifiuta il cibo perchè rifiuta sua madre. Si fa del male fino a mettere a rischio la propria vita piuttosto che ricevere da lei. A volte la dinamica è ancora più complessa: il suo rifiuto dei cibo rappresenta il rifiuto del padre da parte della madre, come spesso accade nelle separazioni. In questo caso è frequente anche la bulimia (mi abbuffo e poi vomito). Qui lei prende il padre e poi lo rifiuta, proprio a rappresentare il movimento della madre verso il marito.
Nel caso invece dell'obesità ho riscontrato molte volte che questa per una donna può rappresentare una gravidanza non avuta o non riuscita completamente, come nel caso di un aborto. Altre volte invece tutto quel grasso è una protezione nelle relazioni con gli altri, un modo per cercare di non essere feriti.
So che tutto questo può sembrare assurdo, ma questa è psicologia, e la psicologia della mente per definizione è assurda...
L'uomo ha per contro meno problemi con il cibo; è più essenziale, mangia per piacere e per bisogno. I casi di anoressia maschile sono rarissimi mentre è comune l'obesità che per l'uomo diventa un modo per essere più femminile, e quindi avvicinarsi alla madre.
Da un punto di vista più spirituale la relazione con il cibo rappresenta la relazione con la vita; chi ha un buon rapporto con esso vive bene, mentre chi lo rifiuta o è compulsivo ha poi lo stesso atteggiamento verso la vita, con tutti i problemi connessi...
Come è possibile lavorare sulla relazione con il cibo?
Con le Costellazioni Familiari metto semplicemente di fronte la persona al cibo, e osservo cosa accade... e vedo più o meno ciò che vi ho descritto prima. A quel punto si lavora per risolvere la problematica e solitamente la soluzione giunge abbastanza facilmente perchè la persona si rende conto che è assurdo e nevrotico ripararsi dietro al cibo per non vedere i propri veri problemi. A quel punto si lavora direttamente sul problema reale, ossia, la madre.
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Giacomo