Dietro alla maggior parte dei conflitti, sia personali che su larga scala, opera come forza motrice una coscienza particolare: essa ha come scopo quello di garantirci l'appartenenza al nostro gruppo e quindi ci indica tutto il tempo come agire per assicurarci questa appartenenza e cosa non fare per perderla. E' questa coscienza che ci spinge ad aggredire, rifiutare, negare e pure uccidere qualcuno che può minacciare la nostra appartenenza. Lo vediamo bene nei delitti d'amore, ma anche negli affari, in politica e in tutti quei campi dove all'interno del nostro gruppo appare un 'avversario', ossia qualcuno che sentiamo può minacciare la nostra permanenza nel gruppo.
In sintesi questa coscienza ci garantisce l'appartenenza a quei gruppi che giudichiamo importanti, soprattutto quelli che assicurano la nostra sopravvivenza. Essa ci lega a questi gruppi, qualsiasi sia il prezzo da pagare, e noi siamo disposti a farci legare, a perdere la nostra libertà e la nostra individualità, anche a costo della nostra vita.
Dietro a questa coscienza ce c'è un altra più ampia, quella del gruppo stesso. Parliamo di una coscienza collettiva che ha come scopo la sopravvivenza del gruppo e dei suoi membri. Essa divide il mondo tra buoni e cattivi, dove i buoni siamo noi che appartieniamo al gruppo e i cattivi sono coloro che appartengono ad altri gruppi. Questa coscienza spinge i membri di un gruppo contro un altro quando questo è visto come minaccia. E tutti i suoi membri agiscono con 'buona coscienza', ossia sentendosi innocenti e giustificati dall'alto nelle azioni che andranno a compiere, anche se ciò comporterà la morte e la distruzione dell'altro.
Queste dinamiche le vediamo bene in guerra, e nei conflitti religiosi e politici, dove gruppi si scontrano fino alla morte spinti da ideali e da un dio che si schiera con loro, ed è quindi un dio molto personale, anche se vissuto come assoluto.
In sintesi, queste coscienze ci impongono di scegliere tra il bene e il male. Ma di che bene si tratta? E' bene solo ciò che garantisce l'appartenenza al gruppo e la sua sopravvivenza, ed è male ciò che lo minaccia.
Bisogna quindi distinguere tra quel 'bene' che nasce sotto l'influsso della coscienza da un altro 'bene' che è al di là di ogni coscienza. Nel profondo dell'anima vi è infatti un grande bene che supera i limiti della coscienza. Si tratta di un bene superiore che unisce nell'anima ciò che prima era stato diviso dalle coscienze. Ciò che appare buono o cattivo alla coscienza viene unito a livello superiore da qualcosa di più grande.
Se cerchiamo la fine di un conflitto è a questo bene superiore che dobbiamo tendere perchè qualunque 'bene' guidato da una coscienza è limitato solo ad alcune persone e contro altre.
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Giacomo